Le aziende familiari, intese come aziende i cui membri di una stessa famiglia ne sono i proprietari e compongono i vertici manageriali dell’azienda stessa, sono una realtà estremamente comune nel nostro contesto. L’Italia è il paese europeo con il più alto numero di aziende familiari, circa i 2/3 delle imprese nazionali e non si tratta di realtà legate a “mercati di nicchia”, ma vere e proprie componenti di un’economia globale in continua espansione. L’obiettivo è garantirne l’esistenza nel lungo termine, affrontando senza paura la concorrenza delle grosse multinazionali.
Il legame emotivo con il passato e con la propria storia profondamente radicata nel territorio sono l’essenza delle aziende familiari, ma ciò che le rende davvero uniche è un pioneristico desiderio di innovazione che combina un approccio strutturato di processi consolidati con una visione più intuitiva e aperta.
La famiglia imprenditoriale, facendosi portavoce dei valori aziendali, costituisce il centro di ancoraggio motivazionale per i propri dipendenti.
Senso di appartenenza e comprensione condivisa delle tradizioni riducono potenziali conflitti interni e promuovono uno spirito collaborativo che porta al desiderio di sperimentare, senza perdere in qualità e autenticità dei prodotti. In un’ottica aziendale costruttivista, i dipendenti sono visti essi stessi come imprenditori, il loro feedback rappresenta uno strumento per affinare nuove proposte, il pensiero creativo è consentito e incoraggiato. Il contesto interno all’azienda, libero dai sistemi gerarchici complessi e gessati dei grandi organismi, consente in tempi brevi di selezionare opportunità concrete e focalizzare l’attenzione sui dettagli operativi.
Insomma, l’azienda familiare è il terreno fertile per introdurre e perseguire politiche d’innovazione e sostenibilità. Eppure ci sono dei freni. L’avversione al rischio, il desiderio di ridurre al minimo la necessità di finanziamenti esterni, la mancanza all’interno della famiglia delle competenze richieste e la riluttanza a condividere il controllo con manager non familiari che hanno tali competenze, mitigano la volontà di mettersi in gioco.
La distinzione tra capacità di essere innovativi e volontà di diventarlo davvero, costituisce il controverso dilemma delle imprese familiari, portate ad investire meno in termini di innovazione pur avendo presupposti più convenienti rispetto ai corrispettivi competitor non familiari.
Per diventare parte integrante del piano strategico aziendale, il concetto di “innovazione” dovrà intendersi non più in termini di investimento doveroso mosso solo dalla concorrenza, ma come il naturale processo evolutivo delle tradizioni che hanno da sempre contraddistinto la storia familiare. Un’innovazione tradizionale, prima ancora che tecnologica.