Evoluzione o rivoluzione della sostenibilità?

Colibrì - Equador (A.B.)
12 Dicembre 2020 Anna Bolzan Riflessioni

Si parla di “sostenibilità” ovunque, un must per la pubblicità di qualsiasi prodotto, senza distinzione.

Eppure l’essenza del suo vero significato resta ancora sfuggente.

Che cosa vuol dire veramente sostenibilità?

Apparso per la prima volta nel 1713 in un manuale di silvicoltura tedesco, il termine originale era Nachhaltigkeit, che significa “resa sostenuta”, ossia non raccogliere più di quanto la foresta stessa non possa rigenerare naturalmente. Con il tempo il significato ha acquistato valenza ecologica, riferendosi non più solo alle foreste, ma a tutti i sistemi biologici. Tuttavia, ad eccezione di pochi articoli tecnici, la parola sostenibilità è rimasta piuttosto sconosciuta fino al 1972. Fu allora che un’influente rivista inglese, The Ecologist, pubblicò un’edizione speciale dal titolo Blueprint for Survival, richiamando l’attenzione sull’entità urgente dei problemi ambientali. Gli autori sostenevano la necessità di vivere in piccole comunità auto sufficienti e deindustrializzate per prevenire il crollo della società e la distruzione irreversibile delle risorse naturali. Auspicando un cambio del proprio stile di vita, il termine sostenibilità si appropriava anche di un aspetto culturale.

Oggi la definizione più comune è quella proposta nel Rapporto Brundtland delle Nazioni Unite pubblicato nel 1987, dove per sviluppo sostenibile s’intende “lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”. Attribuire una dimensione temporale significa in primis proiettare, pianificare e valutare l’impatto delle proprie azioni nel lungo periodo.  Con la Dichiarazione di Johannesburg sullo Sviluppo Sostenibile del 2002 vengono sviscerati i tre componenti della sostenibilità: sviluppo economico (profit), sociale (people) e tutela dell’ambiente (planet). Lo sviluppo economico si riferisce a crescita, ricerca, profitto e lavoro duraturi nel tempo. Per sviluppo sociale s’intende la capacità di garantire condizioni di benessere, sicurezza e servizi, equamente distribuiti per classi e genere. Infine, lo sviluppo ambientale riguarda la capacità di preservare qualità e riproducibilità delle risorse naturali senza compromettere l’equilibrio degli ecosistemi. In sintesi, la sostenibilità è uno sviluppo olistico, dove le esigenze di crescita economica si coniugano intrinsecamente con equità sociale e rispetto per l’ambiente (economia, equità, ecologia).

Semplice sulla carta, resta ancora irrisolto nella pratica. Non sembrano esserci segni di rallentamento nella produzione di beni di largo consumo. Anzi, spesso con il pretesto della sostenibilità ne vengono prodotti di più, pensando che si debba mantenere in vita il modello attuale, piuttosto che cambiarlo. Se davvero vogliamo appropriarci della parola sostenibilità, è tempo di attribuirle anche un’essenza rivoluzionaria e, anziché ingegnarci a rattoppare un’economia guasta, pensare coraggiosamente di promuovere un sistema nuovo.